Il nuovo complesso parrocchiale di San Magno Vescovo e Martire è il segno eloquente di un cammino ecclesiale orientato alla “riscoperta” del rapporto comunionale tra la Chiesa universale, la comunità diocesana e quella parrocchiale. A partire infatti da questa prospettiva ecclesiologica il vescovo mons. Giovan Battista Pichierri (ordinario dell’arcidiocesi dal 1999 al 2017) decide di «provvedere in modo adeguato all’assistenza religiosa e spirituale dei fedeli residenti nella zona Stadio della città di Trani» (dal decreto vescovile) attraverso l’istituzione di una nuova parrocchia il 24 novembre 2010. Tale scelta, maturata all’indomani della seconda visita pastorale avviata a maggio 2006 e conclusa a marzo 2009, è l’occasione per instradare nuove relazioni sociali e rinnovare le dinamiche di fede non soltanto per il Popolo di Dio residente in questo quartiere, ma per tutte le 66 parrocchie della diocesi. Anche la definizione del Santo Titolare, nativo di Trani nel II secolo e vescovo della stessa città, è considerata dal presule e dal Consiglio presbiterale diocesano come l’opportunità di radicare in tutto il territorio diocesano una devozione poco diffusa e di creare, attraverso la testimonianza apostolica del concittadino, un comune senso di appartenenza.
Anche la pastorale del parroco don Dino Cimadono, in continuità alla visione strategica dell’arcivescovo Picchieri, è parimenti incentrata sulla sistematicità dell’ecclesiologia di comunione. L’idea della parrocchia come una realtà non autoreferenziale, ma come una porzione della Chiesa universale, è l’asse portante del progetto di costruzione sia dell’ecclesia convocata (chiesa di persone) che della domus ecclesia (chiesa edificio). Difatti don Dino a soli 28 anni è chiamato dall’arcivescovo a “cementificare” una comunità disgregata e organizzata tra le parrocchie di San Giuseppe e della Madonna di Fatima, e contestualmente ad avviare processi edilizi per la definizione di adeguati spazi in cui celebrare i santi misteri. Il luogo inziale delle varie attività parrocchiali è un locale posto al piano terra di un palazzo residenziale. Da questo ambiente, grazie alla caparbietà del giovane sacerdote, prende vita un articolato programma pastorale e architettonico, segnato anche dalla vicinanza della curia romana. È Papa Francesco a benedire la prima pietra e le campane della nuova chiesa (udienze generali del 12 agosto 2015 e del 24 ottobre 2018). Sempre il Sommo Pontefice tramite la Penitenzeria Apostolica ha concesso un anno giubilare (24 novembre 2019 – 24 novembre 2020) alla parrocchia in occasione del primo decennale della sua erezione canonica.
L’emergenza epidemiologica ha costretto alla sospensione delle varie iniziative programmate per la consegna della chiesa, tra cui quelle giubilari. Tuttavia il nuovo complesso, ultimato a febbraio 2020, è pienamente vissuto dalla comunità. Il rito di dedicazione, presieduto da mons. Leonardo D’Ascenzio (arcivescovo della diocesi da novembre 2017), è stato celebrato il 22 febbraio 2020.
Caratteri architettonici
Lo spazio destinato al complesso parrocchiale si trova nell’intersezione dei due assi viari (via Giuseppe di Vittorio e via Monte D’Alba) che configurano la struttura urbana del quartiere. La prima lo attraversa in diagonale, collegando la periferia nord-ovest della città con lo stadio comunale. La seconda costituisce il confine occidentale del sobborgo, perimetrando il territorio già insediato rispetto a quello ancora da urbanizzare. Sempre questa linea viaria, attualmente marginale, nelle previsioni del PUG è considerata come un’arteria centrale rispetto ai futuri sviluppi insediativi locali. Il piano urbanistico approvato nel 2009, delineando i nuovi comparti oggetto di trasformazione edilizia, disegna un tridente viario in cui via Monte d’Alba occupa il ruolo di direttrice principale. Il lotto della parrocchia, con la sua geometria trapezoidale, segue le stesse dinamiche appena rappresentate; attualmente in posizione angolare, quasi “emarginata” rispetto al contesto residenziale, diverrà baricentrico nelle prospettive organizzative degli strumenti urbanistici approvati. L’inserimento dei volumi nell’area parrocchiale è condizionato, oltre che dal suo disegno perimetrico, dall’ingombro a sud-est di un edificio residenziale. Tutto l’ambiente costruito del complesso si concentra a nord del lotto: la torre campanaria in testata, la piastra dei servizi pastorali e la chiesa. La parte meridionale, nei disegni iniziali occupata da un campo sportivo, è invece interamente utilizzata come sagrato.
Processi e contesti
La necessità di assicurare al quartiere Stadio-Alberolongo adeguati spazi per l’esercizio del culto si è dimostrato un tema caro non soltanto alla curia diocesana, ma anche all’amministrazione comunale. Il 23 novembre 2010 è concesso all’arcidiocesi, con delibera consiliare n.49, il diritto di superficie di un terreno di proprietà comunale di 3.443 mq. Il 24 novembre è istituita canonicamente la parrocchia di San Magno V. e M. e nominato il primo parroco. L’infrastrutturazione parrocchiale e la dotazione minima di attrezzature collettive per una zona periferica della città, fanno parte di un piano programmatico condiviso tra il ministero episcopale di mons. Picchieri e gli organi di governo comunali guidati dal Dott. Luigi Tarantini (sindaco di Trani dal 2007 al 2012). Il territorio della nuova parrocchia è sottratto interamente alla preesistente circoscrizione della Madonna di Fatima. Il vescovo stabilisce come sede provvisoria del nuovo ente un locale di 100 mq in via Almirante, già allestito come aula assembleare. In attesa della costruzione del nuovo complesso, il prelato determina inoltre che particolari solennità o celebrazioni religiose vengano officiate non nella sede parrocchiale storica, ma nella più vicina chiesa di San Giuseppe. Difatti la nuova distrettuazione ecclesiastica ha obbligato a un ripensamento generale degli usi e delle prassi pastorali della parte meridionale della città. Tutta la cintura urbana a sud della linea ferrata è stata sempre considerata un comparto con varie criticità. Anche il parroco, in un intervista rilasciata a un mensile diocesano,[1] riferisce delle varie difficoltà incontrate sul territorio alla vigilia dell’attuazione del programma diocesano. Quest’ultimo infatti, che era stato articolato su una piena consapevolezza dei caratteri sociali ed economici della popolazione residente, mirava proprio a scardinare prassi collettive lontane dal Vangelo e a meglio bilanciare i rapporti comunitari.