Lo Stemma

Facebooktwitterpinterestlinkedinmail

Secondo la tradizione araldica ecclesiastica cattolica, lo stemma di un Arcivescovo è tradizionalmente composto da:

uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro;

una croce astile doppia, arcivescovile (detta anche “patriarcale”) con due bracci traversi all’asta, in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;

un cappello prelatizio (galero), con cordoni a venti fiocchi, pendenti, dieci per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.4), il tutto di colore verde;

un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero.

Nel nostro caso si è scelto uno scudo rinascimentale di foggia bucranica, classico e frequentemente usato nell’araldica ecclesiastica e una croce patriarcale “lanceolata” in oro, con cinque gemme rosse a simboleggiare le cinque piaghe di Cristo.

Descrizione araldica (blasonatura) dello scudo dell’Arcivescovo D’Ascenzo

“D’oro, a due monti di verde uscenti dalla punta, caricati di un fascio di spighe del primo, sormontati da una stella (6) d’azzurro, col capo dello stesso, alla stella (8) del primo”.

Il motto: MESSIS QUIDEM MULTA (Lc 10,2).

Le parole scelte da Don Leonardo per il proprio motto episcopale sono tratte dal Vangelo di Luca laddove l’Evangelista riporta le parole di Gesù che, individuati altri settantadue discepoli, prima di inviarli in tutte le direzioni per predicare la Parola di Dio alle genti, rammenta loro che “La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate perciò il padrone del campo perché mandi operai nella sua messe”.

Interpretazione

L’ornamento esterno caratterizzante lo stemma di un Arcivescovo, oltre ai venti fiocchi verdi pendenti ai due lati dello scudo, è la croce astile arcivescovile. Tale croce, detta anche “patriarcale”, a due bracci traversi, identifica la dignità arcivescovile: infatti, nel XV secolo, essa fu adottata come ornamento esterno allo scudo dai Patriarchi e, poco dopo, dagli Arcivescovi. Alcuni studiosi ritengono che il primo braccio traverso, quello più corto, volesse richiamare il cartello con l’iscrizione “INRI” posta sulla croce al momento della Crocifissione di Gesù.

Il fascio di spighe di grano, in basso, richiama il fil rouge della vita e del ministero sacerdotale di don Leonardo, caratterizzato dall’impegno nell’ambito della pastorale delle vocazioni e rimanda alla terra di Puglia, granaio d’Italia.

Al centro le colline e la valle, sono un riferimento al paese natale Valmontone, città adagiata su vari colli e valli, Vallis montanae.

La stella piccola, che sovrasta il paesaggio, è riferita a don Leonardo in quanto richiama il cielo stellato dei tanti campi scuola estivi, passati in tenda, che hanno segnato la sua storia vocazionale. Una strofa della preghiera che tutte le sere veniva cantata attorno al falò recita: “Quante stelle, quante stelle… dimmi Tu la mia qual è. Non ambisco la più bella, basta sia vicino a Te!”

In alto, la stella a otto punte, richiamo alle Beatitudini, simboleggia Gesù: “Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino” ( Ap 22,16; cf 2Pt 1,19)