In occasione dell’assemblea degli azionisti di Eni a Roma, martedì 8 maggio Amnesty International Italia lancia una nuova serie di iniziative per ottenere, da parte della compagnia petrolifera italiana, l’impegno a bonificare tutte le zone inquinate e attuare misure preventive efficaci nella regione del delta del fiume Niger, in Nigeria, dove Eni opera dagli anni Sessanta attraverso la Naoc (Nigerian Agip Oil Company).
“Fino al 1° novembre, le attiviste e gli attivisti di Amnesty International Italia organizzeranno iniziative di sensibilizzazione e di raccolta firme per sollecitare Eni a impegnarsi pubblicamente a intraprendere un’analisi dell’impatto sui diritti umani di tutti i progetti relativi al petrolio nel delta del Niger, assicurare la piena consultazione delle comunità colpite e un’adeguata informazione nei loro confronti, rendendone poi pubblici i risultati, bonificare le aree inquinate dalle fuoriuscite di petrolio e porre fine alla pratica del gas flaring” – ha dichiarato Carlotta Sami, direttrice generale dell’associazione.
Domani, dalle ore 9 alle ore 11, Amnesty International Italia sarà presente di fronte alla sede di Eni per sensibilizzare gli azionisti sulle violazioni dei diritti umani di cui le compagnie petrolifere presenti in Nigeria, in particolare nel delta del Niger, si rendono responsabili. Le attiviste e gli attivisti distribuiranno materiale informativo sulla situazione nella zona, in particolare presenteranno alcuni aggiornamenti rispetto ai dati forniti lo scorso anno, in occasione della precedente assemblea, rendendo visibile e tangibile la tragedia dell’inquinamento nella vita quotidiana dei nigeriani.
Parteciperà all’iniziativa anche David Vareba, programme officer del Centro per l’ambiente, i diritti umani e lo sviluppo (Cehrd) che ha sede a Bodo, in Nigeria. David Vareba, in Italia fino al 10 maggio, sta prendendo parte a conferenze e incontri nelle scuole per denunciare il devastante impatto dell’inquinamento da petrolio nel suo paese.
L’inquinamento causato da Eni, Shell e Total nel delta del Niger ha contaminato il suolo, l’acqua e l’aria contribuendo inoltre alla violazione del diritto alla salute e a un ambiente sano, del diritto a condizioni di vita dignitose, inclusi il diritto al cibo e all’acqua, nonché del diritto a guadagnarsi da vivere attraverso il lavoro. Ciò è tanto più grave, se si considera che il 60 per cento della popolazione locale vive di fonti di sostentamento tradizionali, come la pesca e l’agricoltura.
“Le compagnie petrolifere che operano nel delta del Niger devono fornire scuse e pagare risarcimenti adeguati alle comunità colpite dall’inquinamento e dai danni all’ambiente, riconoscere le conseguenze di lungo termine prodotte dalle loro attività rispetto alla salute e ai mezzi di sostentamento e adottare misure adeguate per bonificare acque e terreni, lavorando insieme alle comunità locali” – ha dichiarato David Vareba.
Amnesty International Italia porta avanti da alcuni anni un’interlocuzione con Eni, sviluppatasi in una serie di incontri, sull’impatto delle attività della compagnia petrolifera sui diritti umani delle comunità del delta del Niger, sia in qualità di operatore che come partner della joint venture guidata dalla Shell Petroleum Development Company e ritenuta dal Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (Unep) responsabile per il disastro ambientale causato dal petrolio nell’Ogoniland, una zona del delta del Niger.
“Sebbene la Shell sia la principale responsabile delle operazioni della joint venture, anche gli altri partner hanno una loro quota di responsabilità. È quindi indispensabile che Eni agisca per far fronte a questa situazione, anche sollevando la questione con la stessa Shell” – ha sottolineato Carlotta Sami.
Ulteriori informazioni
Le compagnie petrolifere hanno iniziato a operare nel delta del Niger nel 1958, dopo la scoperta di un giacimento a Olibiri da parte dell’allora Shell British Petroleum (l’attuale Royal Dutch Shell). Oggi, gli impianti dominano un’ampia parte del territorio. Solo la Shell opera su oltre 31.000 chilometri quadrati.
I settori del gas e del petrolio costituiscono il 97 per cento delle entrate del commercio estero della Nigeria e contribuiscono al 79,5 per cento del bilancio del paese. Dagli anni Sessanta dello scorso secolo, il petrolio ha generato circa 600 miliardi di dollari d’introito.
Dell’industria petrolifera nel delta del Niger fanno parte sia il governo della Nigeria che le succursali di compagnie multinazionali quali Shell, Eni (attraverso la Naoc), Chevron, Total ed Exxon Mobil, oltre ad alcune compagnie locali.
La Naoc opera nel delta del Niger anche attraverso una partecipazione del cinque per cento alla joint venture costituita con la società statale nigeriana Nnpc (Nigerian National Petroleum Company) e con le compagnie petrolifere Elf e Spdc (Shell Petroleum Development Company): quest’ultima è una società sussidiaria del Gruppo Royal Dutch Shell e rappresenta il principale operatore della joint venture.
Avvantaggiate dalla debolezza che caratterizza il sistema legislativo locale, le compagnie petrolifere che operano in Nigeria hanno causato numerosi danni ambientali e violazioni dei diritti umani a discapito della popolazione locale. L’industria petrolifera è responsabile dell’inquinamento causato da numerose fuoriuscite di petrolio provocate dalla corrosione degli oleodotti, della scarsa manutenzione delle infrastrutture, da errori umani o da deliberati atti di vandalismo e furti di petrolio.
L’Unep ha dichiarato che in una sola delle zone del delta del Niger, l’Ogoniland, ci vorranno 25 anni per risanare il disastro causato dall’impatto del petrolio.
Attraverso la sua campagna globale “Io pretendo dignità”, avviata nel 2009, Amnesty International è impegnata a porre fine all’impunità delle imprese, a garantire l’accesso alla giustizia per le persone i cui diritti sono stati violati e ad assicurare che le comunità colpite possano partecipare alle decisioni che influiscono sulle loro vite.
La campagna per i diritti umani nel delta del Niger – che rappresenta un caso di studio esemplare sulla mancanza di responsabilità di un governo verso la sua popolazione, nonché sulla pressoché totale assenza di responsabilità delle aziende multinazionali circa l’impatto delle loro attività sui diritti umani – è stata lanciata a livello internazionale nel 2009, con la pubblicazione del rapporto “Petrolio, inquinamento e povertà nel delta del Niger”. Le aziende estrattive sulle quali si concentra, a livello globale, l’azione di Amnesty International sono Shell, Eni e Total. L’organizzazione per i diritti umani si rivolge anche al governo della Nigeria e ai governi dei paesi in cui hanno sede le aziende.
Il Cehrd, di cui fa parte David Vareba, è un’organizzazione senza scopo di lucro formata da contadini e che si occupa di questioni agricole. È stata fondata da attivisti, ambientalisti e operatori sanitari del delta del Niger. Cerca di risolvere i problemi ambientali, di diritti umani, di salute rurale e di sottosviluppo che piagano la regione. Nel 2011, Amnesty International e il Cehrd, a seguito di una missione di ricerca congiunta, hanno redatto e pubblicato il rapporto “La vera tragedia. Ritardi e fallimenti nell’affrontare le fuoriuscite di petrolio nel delta del Niger”.
Firma l’appello “Delta del Niger: strappa un impegno a Eni”
Leggi l’approfondimento “Petrolio, inquinamento e povertà nel Delta del Niger”
Guarda il video “Strappiamo un impegno a Eni”
FINE DEL COMUNICATO Roma, 7 maggio 2012