Paliotto di san Giuseppe

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Autore /Ambito manifattura meridionale
Datazione seconda metà XVIII secolo
Materia/Tecnica raso di seta gialla, con inserzioni dipinte, ricamato con fili d’ argento e sete policrome ad agopittura
Misure 254×99 cm
Provenienza cattedrale di santa Maria Maggiore
Descrizione Una confraternita del Pio Transito di San Giuseppe è esistita fino alla metà del XX secolo presso la chiesa barlettana di Santa Maria della Vittoria, mentre è dedicata al Transito di S. Giuseppe una delle due cappelle che si aprono nella navata laterale destra della cattedrale di Santa Maria Maggiore per il cui altare è stato eseguito questo paliotto che raffigura, nello scudo centrale, gli ultimi momenti della vita del padre putativo di Nostro Signore. Un’iscrizione sulla base dei pilastri di fondo, a fianco dell’altare della sunnominata cappella, porta l’indicazione della commissione, la firma della bottega dei Cimafonte e la data del 1743. La cappella è uno scrigno ricavato all’interno di una struttura precedente risalente agli inizi del 1400 e realizza, sia pure in tono minore, quella che era l’unità delle arti in epoca barocca; fanno, infatti, parte integrante della decorazione le tele, che recano la firma di G. Gennatempo e sono datate al 1741. Sulla volta al centro vi è lo Sposalizio, mentre a destra il Sogno di San Giuseppe e a sinistra la Fuga in Egitto; sulla parete sinistra la Natività e sull’altare il Transito; manca la tela sulla parete destra. All’opera di G. Gennatempo sono state ascritte una serie di tele sparse in diverse chiese della Campania, eseguite in un arco di tempo che va dal 1705 al 1740. Lo stile di questo artista risente di una maniera popolaresca nella resa delle figure, mentre il forte contrasto fra zone in luce e zone in ombra e l’accesa gamma coloristica fanno pensare a una frequentazione della bottega di Luca Giordano.

I personaggi ricamati sul paliotto in raso di seta giallo, eseguito per ornare il fronte sotto la mensa dell’altare della cappella nelle feste liturgiche, sono gli stessi della scena dipinta nella tela della pala dello stesso altare: Gesù regge per le spalle Giuseppe (adagiato sul letto) e lo guida al “transito” (dalla vita terrena a quella eterna); Maria, in espressione dolente, siede dall’altra parte, mentre degli angeli sono testimoni dell’evento. Completamente diversi, però, sono lo stile e le modalità della raffigurazione, che accentuano un’interpretazione più popolarmente drammatica dell’evento attraverso, per esempio, il gesto di Maria che si asciuga le lacrime con un fazzoletto. Anche la presenza delle aureole, ampie e ricamate in argento, indica una funzione più dichiaratamente devozionale del manufatto. Tutto ciò non toglie che la perizia tecnica del lavoro rimane alta: la resa degli effetti coloristici è data dall’uso dell’agopittura (si veda in particolare il disegno delle stoffe delle vesti e della tenda); per mezzo della stessa tecnica sono costruiti gli effetti di profondità alla cui creazione contribuisce il disegno di una elementare prospettiva (si veda il particolare delle piastrelle del pavimento). Il resto del manufatto è arricchito: da due angeli reggistemma che presentano corpi nudi, dipinti e applicati sulla stoffa; da una decorazione centrale a festoni e girali vegetali ricamata in argento; da piccoli tralci fioriti, anch’essi in argento, sparsi simmetricamente su tutto il paramento. Conclude su tre lati, quello superiore e i due laterali, una cornice a motivi di piccoli girali trilobati e fogliati ricamati in argento. La contestualità del soggetto con la dedicazione della cappella e la tecnica del ricamo, fanno propendere per una datazione alla seconda metà del XVIII secolo.                Luigi Nunzio Dibenedetto