Giappone, lanciato uno smartphone

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A marzo di un anno fa un terremoto di magnitudo 9 colpisce il Giappone nord-occidentale, seguito da uno tsunami. Viene danneggiata la centrale nucleare di Fukushima-Daiichi. Secondo un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità 167 persone intervenute presso l’impianto rischiano di sviluppare un tumore in seguito all’esposizione a radiazioni. Ma, scrive il settimanale scientifico Nature, la popolazione locale è stata “in gran parte protetta” grazie all’evacuazione.

Da poco l’operatore di telefonia mobile Softbank ha varato uno smartphone della serie Pantone che contiene un chip, disegnato da Sharp, in grado di rilevare le radiazioni misurate in microsievert/ora: può essere attivato da un bottone e associa i dati acquisiti con l’area geografica. Poi archivia le informazioni nelle infrastrutture dell’azienda per successive rielaborazioni. Sarà venduto in Giappone. Durante una recente conferenza stampa l’amministratore delegato di Softbank, Masayoshi Son, ha spiegato che a spingere verso l’iniziativa hanno contribuito i messaggi ricevuti dai cittadini attraverso il social network twitter. All’indomani del sisma è partito anche il progetto di Safecast per costruire una rete volontaria di rilevazione sul territorio: ha ottenuto finanziamenti attraverso donazioni su internet e finora ha riunito un network di trecento sensori che ricevono dati in tempo reale sui livelli di radioattività locale.

In seguito al terremoto sulle coste della California sono stati trovati in agosto quindici tonni che contenevano tracce di cesio-134 e cesio-137 superiori di cinque volta alla norma: uno studio pubblicato di recente sulla rivista Proceedings of the national academy of sciences stima che non siano quantità nocive per la salute.