Cornice processionale

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Autore /Ambito Vincenzo Catello
Datazione inizi XX secolo
Materia/Tecnica base in legno scolpito e dorato; cornice in metallo, rame, argento con dorature e parti in fusione, sbalzato e cesellato con inserzione di castoni con vetri colorati
Misure 143x90x h. 295 cm
Marchi e stemmi sulla prima voluta della corona: bollo dell’argentiere Vincenzo Catello
Provenienza cattedrale di santa Maria Maggiore
Descrizione La cornice processionale fu realizzata nei primi anni del XX secolo per alloggiarvi l’icona della Madonna col Bambino venerata col titolo dell’Assunta; si tratta della tavola bifacciale col Cristo Pantocratore da un lato e la Madonna Hodighitria dall’altro firmata da Paolo Serafini e datata all’ultimo decennio del XIV secolo. L’immagine è appellata anche Madonna della Sfida in quanto per tradizione si ritiene sia andata processionalmente incontro ai tredici cavalieri italiani vincitori della Disfida del 1503 detta appunto di Barletta. La cornice poggia su un basamento in legno scolpito e dorato. Al di sotto delle fasce di base sono fissate le graffe in ferro per inserire i bastoni processionali che consentono di portare a spalla l’intero apparato. Al di sopra delle stesse fasce poggiano quattro ampie volute angolari decorate, sulla faccia, da un motivo a foglie larghe. I quattro piani piramidali convessi del basamento ligneo sono decorati da un festone fiorito retto da due anelli che reca scolpite in evidenza tre grandi rose contornate da boccioli e fiori più piccoli. In basso, al centro, è scolpita una conchiglia; questa, sui lati corti, si collega alle volute per mezzo di due ulteriori festoni fioriti con al centro, rispettivamente a sinistra e a destra, una rosa e una margherita. La cornice vera e propria, bombata sulla fascia esterna e lavorata a sbalzo, è ornata da un motivo a scudi ovoidali inseriti in motivi a palmette e rifinita verso l’interno da un minuto decoro vegetale; i quattro angoli sono arricchiti dalla sovrapposizione di quattro scudi dorati, levigati e circondati da volute. Lungo tutta la base e fino a metà dell’altezza corre un addensarsi di nubi sulle quali, a destra e a sinistra, spuntano cherubini a tutto tondo, dorati; sono otto, divisi in sei gruppi, simmetricamente tre a destra e tre a sinistra, tutti con lo sguardo rivolto verso l’esterno del quadro; sono sistemati uno in alto e uno in basso e una coppia in posizione centrale. Sulla base campeggia una grande falce di luna in rame dorato. In alto troneggia la colomba dello Spirito Santo con le ali spiegate, in metallo dorato lavorato in modo da rendere in maniera naturalistica il disegno delle piume; il simbolo è posto al centro di una raggiera sormontata da una corona d’argento ad otto ampie volute. Queste sono decorate da una fila di grosse perle e poggiano su una cornice in cui sono inseriti tredici castoni con vetri colorati, alternativamente rossi e verdi; in basso la cornice è rifinita da una frangia a undici pendenti, decorati con un ovulo centrale e forniti di nappa. Al di sopra l’apparato si conclude con un semicerchio di dodici stelle a otto punte in rame dorato. Sulla prima voluta a destra della corona è impresso il punzone dell’argentiere: si tratta di Vincenzo Catello (1858 – 1950), vissuto a Napoli, dove aveva rilevato la bottega di Gennaro Pane. La sua opera più famosa è forse la statua argentea di San Cataldo commissionata nel 1891 dall’arcivescovo di Taranto mons. Pietro Alfonso Jorio, giunta a Taranto il 7 maggio del 1892 e trafugata la notte del 2 dicembre del 1983. Vincenzo Catello ripropone alcuni temi consueti nella produzione delle botteghe di Napoli alla fine del XIX secolo; i temi decorativi sono mutuati dai repertori settecenteschi con l’inserzione di alcuni elementi moderni, fatto che testimonia l’inizio della semplificazione delle forme avvenuta alla fine del XIX secolo. Nel complesso le opere di Catello rivelano il gusto eclettico fin de siècle a causa della commistione di elementi eterogenei, mutuati da diverse epoche.                    Luigi Nunzio Dibenedetto