Croce d’altare

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Autore /Ambito Vncenzo Caruso
Datazione prima metà del XIX secolo
Materia/Tecnica argento sbalzato, inciso
Misure 34,5×19 cm
Marchi e stemmi sulla base e ai piedi della croce: punzone dell’argentiere Vincenzo Caruso, croce con N/8, barra orizzontale su N, emblema del saggiatore Gennaro Mannara
Provenienza chiesa di san Cataldo
Descrizione Pregevole esempio di arredo ecclesiastico, la croce d’altare, solitamente collocata al centro dell’altare, sulla mensa o al centro del tabernacolo, venne probabilmente commissionata dalla Confraternita di san Cataldo come altri oggetti presenti nel tesoro della chiesa. La croce d’altare è posta su un supporto ligneo di sostegno in parte rivestito da una lamina d’argento: essa presenta una base liscia su cui si inserisce un piede stretto decorato con un motivo a volute e racemi intervallato da due fasce orizzontali ornate da fogliame, molto elegante nella fattura. La croce liscia con una leggera punzonatura lungo i bordi, presenta terminazioni lavorate con un motivo a volute. Dalla croce partono raggi lanceolati impreziositi da quattro elementi a volute. Interessante la resa plastica di Gesù Crocifisso, con panneggio morbido del perizoma, e un’armonica resa anatomica del corpo. A conferire maggiore pathos alla figura la testa di Cristo è pesantemente reclinata in avanti, a sottolineare il momento supremo della morte. Sul braccio superiore in un cartiglio ovale decorato con testa d’angelo, è presente la scritta INRI. Sotto i piedi del Cristo un teschio con due tibie incrociate simbolo del sacrificio di Gesù per la salvezza dell’umanità. Secondo una “legenda” medievale quel teschio rappresenterebbe la tomba di Adamo dove germogliò l’albero, il cui legno fu utilizzato per la croce di Gesù. Sulla base e ai piedi della croce risultano leggibili il marchio dell’argentiere napoletano V. Caruso, patentato nel 1826, e il bollo di garanzia con croce affiancata da una N (di nostrale) e sotto un 8, titolo dell’argento. La N presenta un taglio orizzontale nella parte superiore, emblema del saggiatore Gennaro Mannara anch’egli attivo a Napoli tra il 1835 e il 1863. A Vincenzo Caruso sono attribuiti molti degli argenti di san Cataldo tra cui spicca sicuramente il busto dedicato al Santo.