Sarcofago paleocristiano

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Autore /Ambito adriatico orientale
Datazione fine VI secolo
Materia/Tecnica pietra calcarea scolpita
Misure 212 x 70 x h. 55 cm (in media)
Iscrizioni Die X octob 1508 traslata fuit
Provenienza scavi della Cattedrale di Santa Maria Maggiore
Descrizione Nei saggi di scavo condotti nella zona del presbiterio, appena al di sotto della pavimentazione gotica del coro, è stato ritrovato un sarcofago in pietra; la posizione del ritrovamento indica già una situazione di riutilizzo rispetto alla collocazione originaria. La cassa, priva della lastra di copertura, ha una forma leggermente troncopiramidale, con i lati brevi inclinati a formare angoli acuti con il piano di fondo. Esternamente, lungo la base, su tre lati – la fronte e i due adiacenti – corre un listello orizzontale; sempre all’esterno sono ben visibili dei fori lungo la linea di terra, due sul retro del sarcofago e uno su un lato breve. Lungo uno dei lati brevi, a poca distanza dal listello, è posta un’epigrafe in caratteri capitali, capovolta rispetto al verso del sarcofago: Die X octob(ris) 1508 traslata fuit (fu trasferita il 10 ottobre 1508), chiaro indizio sia del riutilizzo della cassa, sia della sua posizionatura in senso rovesciato rispetto all’utilizzo originario. Sulla fronte è scolpita, al centro, una croce latina a braccia espanse innestate su un disco posto all’incrocio dei bracci. Questo elemento decorativo, insieme con la zoccolatura, la forma e il materiale stesso in cui è scolpito il sarcofago (pietra calcarea), lo accomunano ad un gruppo di sarcofagi rinvenuti in Puglia, in particolare ai tre ritrovati in Cerignola, Aecae (Troia) e Trani, che vengono datati fra la fine del VI secolo e gli inizi del VII secolo e che presentano leggerissime varianti rispetto a quello barlettano. Le caratteristiche di queste sepolture pugliesi trovano riscontro in ambito ravennate – in una serie di tombe datate alla fine del VI secolo – e in esemplari rinvenuti lungo l’Adriatico orientale; in particolare, dal punto di vista decorativo e formale, sono stati avanzati paragoni con frammenti scultorei provenienti dalle botteghe lapicide ubicate a Salona e nell’isola di Brazza, databili a partire dal V secolo. È molto probabile che dalla zona dalmata-istriana siano stati importati sia i sarcofagi ravennati, che quelli pugliesi, anche se nulla vieta di pensare che, ad esempio della produzione orientale, alcuni manufatti siano stati realizzati da lapicidi locali.                               Luigi Nunzio Dibenedetto